mercoledì 16 luglio 2014

Sempre costante pericolo di estradizione per Assange

I problemi sul caso Assange non finiscono con un verdetto a favore della Procura. Un recente articolo scritto da Stefania Maurizi fornisce un buon sunto riguardo a questo: in esso vi è un’intervista a Michael Ratner, avvocato per i diritti costituzionali e le libertà civili negli USA. Ratner afferma che sarebbe stato decisamente sconsigliabile per il fondatore di WikiLeaks uscire dall’ambasciata anche se i suoi avvocati avessero vinto l’udienza e il mandato d’arresto fosse stato deposto.
 La colpa è nuovamente del governo degli Stati Uniti, che da quattro anni portano avanti grazie al Dipartimento della Giustizia un’inchiesta segreta contro la piattaforma anti-segreti. Non essendo pubblica, a nessuno è permesso sapere su quali circostanze ha intenzione di vertere, quali accuse formula e quanto è avanzata, o se già esiste una richiesta di estradizione, così come a nessuno è dato sapere se la Gran Bretagna sia già pronta ad arrestare Assange per spedirlo in America. Julian Assange si era già detto consapevole di questa eventualità in un’intervista a Giugno. Inoltre, la polizia inglese avrebbe anche altre modalità per motivare un ipotetico arresto, ovvero portando come giustificazione il fatto che Assange abbia violato gli accordi riguardanti la libertà su cauzione rifugiandosi nell’Ambasciata dell’Ecuador. Secondo la testimonianza di Robert Booth, giornalista del Guardian oggi presente all’esterno dell’ambasciata assieme ad altri sostenitori, un agente – lì presente per sorvegliare l’edificio – avrebbe dichiarato: “Verrà arrestato, se esce”.

Corruzione nel caso Assange

Oggi si è tenuta l’udienza durante la quale la difesa di Assange, costituita dagli gli avvocati Per Samuelsson e Thomas Olsson, e la Procura svedese con la procuratrice capo Marianne Ny e la sua vice Ingrid Isgren, hanno trattato per la deposizione del mandato d’arresto nei confronti di Assange. L’ udienza tenuta a Stoccolma mentre il giudice che ha presenziato è stata la svedese Lena Egelin. Non sorprende l’esito: la detenzione pre-processo di Assange continuerà, così come voleva la Procura.
 L’udienza è iniziata subito con degli imprevisti poco incoraggianti: la prima mezzora è stata condotta a porte chiuse, senza che i media potessero presenziare. Solo dopo l’aula è stata aperta al pubblico. Questo non fa altro che confermare come uno dei timori da sempre espressi riguardo ad un processo in Svezia sia fondato: la trasparenza è un dato fondamentale nelle questioni giuridiche, e un processo senza testimoni esterni è un processo facilmente corruttibile.
La difesa ha portato diversi argomenti a favore di Assange, tra quelli che più rendono avvalorabile quanto detto possiamo citare l’accusa alla Procura di essere stati troppo passivi. Difatti la difesa ha attribuito il mancato interrogatorio ad Assange in Inghilterra ad una svogliatezza, dato che – ed Eva Joly, che a suo tempo aveva riaperto l’accusa con la Ny, l’ha ribadito come consigliato – è perfettamente fattibile.
In seguito è stato ribadito che “una detenzione continua non ha effetti positivi per la Svezia […] ma ha enormi effetti negativi per Assange” costretto a vivere segregato in ambasciata senza nemmeno la possibilità di uscire all’aria aperta.
“It’s been my consistent impression that the Defense was just steamrolling all over the Prosecution in this hearing. But this is a political trial, and I’ve seen those before. In those, common sense don’t apply, and the victor can be predetermined and therefore spit gibberish in the hearings if they like, they’ll still win.”
Questo è il commento del fondatore di Pirate Bay, che ha assistito al processo e fornitone la trasposizione.
Viene evidenziato quanto gli Avvocati di Assange abbiano portato solide argomentazioni, non mancando di fornire antitesi ad ogni tesi della procura.
È evidente che la difesa fosse in chiaro vantaggio. Nonostante l’inferiorità di argomentazioni, tuttavia, è stata la richiesta della Procura a prevalere, ed è facile supporre che il processo fosse corrotto. Il semplice fatto di aver tenuto l’udienza a Stoccolma, nascondendosi dietro giustificazioni quali la mancanza di mezzi per raccogliere campioni di DNA a Londra, ne è una chiara prova, così come l’aver posto un giudice svedese a presiedere la seduta. La Svezia ha quindi dimostrato di essere l’esatto opposto del Paese democratico che vanta di essere, sopprimendo la libertà di espressione e la giustizia stessa con un verdetto, nella nostra opinione e senza dubbio anche nell’opinione di molti altri, già prestabilito.

Non si tratta della colpevolezza di Assange nel caso di molestie sessuali o di leggi sull’estradizione: ciò che sta alla base dell’intero caso svedese, è l’attività di WikiLeaks, e quanto questa attività infastidisca le potenze mondiali.



Udienza per il caso Assange

Trasposizione in tempo reale:

venerdì 11 luglio 2014

Democracy Now! intervista Julian Assange

Durante i giorni 7 Luglio e 9 Luglio 2014, Amy Goodman di Democracy Now! si è recata presso l’Ambasciata ecuadoriana a Londra per intervistare Julian Assange. L’intervista è stata divisa in due parti: nella prima, il fondatore di WikiLeaks ha spiegato brevemente l’attuale situazione dell’organizzazione e del suo staff, per poi parlare dei recenti risvolti del caso svedese in vista dell’udienza del 16 Luglio e successivamente di Manning – fonte dei Diari di Guerra e dei Cablegate – e dell’aiuto fornito a Snowden – fonte del Datagate; nella seconda parte, Assange ha commentato e replicato alle dichiarazioni rilasciate da Hillary Clinton in merito alla fuga di notizie dalla NSA e all’impossibilità di garantire un processo onesto a Snowden, se tornasse negli USA.


mercoledì 9 luglio 2014

Conferenza: Amici e nemici della cybersecurity


La conferenza dell’8 Luglio, tenuta al Deutsche Welle Global Media Forum e condotta da Brent Goff, ha toccato temi quali la cybersecurity. La discussione ha visto come oratori Jamie Shea, membro di una divisione di sicurezza della NATO, Sandro Gaycken, ricercatore dell’Università di Berlino, Ahmed Abbas, produttore di una TV egiziana, e Sarah Harrison, giornalista di WikiLeaks. Il filo conduttore della conferenza è stato il tentare di spiegare le eventuali trappole che il mondo di internet può riservare, e di contro, i servizi che ci permettono di vivere il web in libertà e sicurezza.


martedì 8 luglio 2014

Ultimi sviluppi sul caso Assange

Il 16 Luglio è in programma un’udienza per porre fine alla diatriba del caso Assange, o almeno provarci: è la prima vera udienza da quando l’Ecuador ha concesso asilo politico al fondatore di WikiLeaks, nell’Agosto 2012.
Questi due anni segnano uno dei più lunghi periodi per la Svezia in cui si sono svolte le procedure anteriori al processo, e in cui l’imputato è stato soggetto a mandato d’arresto senza formali accuse e senza un processo. La Svezia lo rimprovera di fuggire proprio all’interrogatorio che potrebbe portare il caso in tribunale; Assange si è sempre rifiutato di condurlo in Svezia, a causa della poca trasparenza del suo sistema giudiziario – nel quale i processi avvengono a porte chiuse –, e a causa della possibilità di essere estradato negli USA, dove è in corso da quattro anni un’inchiesta contro WikiLeaks.
È stato suggerito come compromesso che Assange venisse interrogato:

- nell’Ambasciata svedese a Londra;
- a Scotland Yard;
- tramite collegamento video;
- presentandosi in Svezia a patto che essa e i suoi amichetti USA garantiscano l’assenza del pericolo di estradizione.

I procuratori svedesi si sono categoricamente rifiutati di prendere in considerazione le proposte, senza fornire motivazioni valide ma soltanto dichiarando che le circostanze del caso rendevano impossibile un qualsiasi colloquio all’infuori dal territorio svedese.
Questa reticenza si è ripresentata anche negli sviluppi più recenti. Il 24 Giugno, infatti, gli avvocati di Assange hanno presentato una petizione firmata da 59 associazioni per i diritti umani e la libertà di espressione, e l’appello alla legge dell’1 Giugno che avrebbe potuto portare svolte a favore di Assange.
Questa legge afferma che una persona sotto mandato d’arresto ha il diritto di conoscere con precisione le circostanze della cattura. La Svezia, nel replicare, ha volto la formulazione a suo favore:
"L’implementazione della direttiva presentata nel capitolo 24 sezione 9 usa deliberatamente il termine circostanza. La proposizione non prevede che il sospetto abbia il diritto di accedere alle copie dei file che hanno portato all’arresto. Ogni caso individuale dev’essere trattato nella maniera che più si reputa appropriata per esso."

Intenzionalmente ignorata è stata la complicazione economica della vicenda. Da quando il governo inglese ha posto i suoi cani da guardia dinnanzi all’Ambasciata ecuadoriana ventiquattr’ore al giorno, i cittadini hanno dovuto pagare più di 6 milioni e mezzo di sterline per supportare – inconsapevolmente – questo progetto. La Svezia non ha mai contribuito alle spese.
Il pessimo quadro delineato da tutti questi fattori è palese: continuando a rimandare, non solo il buco nelle tasche del governo inglese si ingigantisce, non solo la Svezia non riesce ad ottenere la propria giustizia – povera cara –, ma la stentata libertà di espressione che ogni governo chiamato in causa va sbandierando viene ancor più soppressa.


Ultimi scambi tra avvocati e procura svedese: http://justice4assange.com/Assange-files-case-to-dismiss.html
Problema economico: http://govwaste.co.uk/